Il grande sogno. Così gli aborigeni chiamano la propria terra. I nativi hanno una percezione onirica della realtà, molto distante da quella legata alla storia del pensiero occidentale.
La civiltà aborigena non ha luoghi ma vie: si sviluppa negli sconfinati spazi dell'outback e si apprende percorrendo il walkabout, un pellegrinaggio mistico senza meta che ogni aborigeno deve compiere come atto di iniziazione alla vita. In questa visione è la musica il collante, l'elemento che aggrega un universo senza centro e senza periferia, dando identità al popolo. Tra le più antiche culture viventi al mondo, le popolazioni aborigene vivono nel continente australiano da circa 50.000 anni.
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Dagli Arrente dell'Australia Centrale agli Yolngu dell'Arnhem Land alle genti Tiwi delle Isole Tiwi, vicino al Mare di Timor, il Northern Territory conta oltre 40 diversi linguaggi di tribù residenti. “Non c'è geografia senza significato e senza storia”, raccontano i nativi. Secondo il credo aborigeno, la stessa topografia sarebbe stata delineata dai segni tracciati dagli esseri del Tjukurrpa, il Tempo del Sogno, il Dreaming o Dreamtime. Che costituisce il sistema di conoscenza, fede e pratica alla base della vita indigena. Per avvicinarsi alla comprensione di quel tempo, non bisogna considerarlo uno stato di sogno o di irrealtà, quanto uno stato trascendente. In quel tempo gli Esseri Supremi emersi dalle profondità delle viscere della Terra, sparsero una scia di parole e di note musicali: le Vie dei Canti, che formerebbero un reticolo invisibile, ma indissolubilmente legato, su tutta l'Australia. In questo modo, nominandole e “cantandole”, gli Esseri del Sogno crearono ogni cosa, dal canguro al serpente, dall'acqua al fuoco, dal sole agli animali del deserto, dagli uomini alle leggi sociali e religiose. Quando terminarono e tutto fu compiuto, allora tornarono sottoterra. Non per questo però hanno smesso di manifestarsi ed essere presenti: per gli aborigeni infatti la creazione è al tempo stesso un avvenimento storico e un processo permanente. E così il mondo a noi conosciuto continua a ricrearsi come il deserto che rinverdisce dopo la pioggia e gli esseri umani e gli animali rinascono riproducendosi. Tramandate oralmente di generazione in generazione, le storie del Dreaming costituiscono un ricco patrimonio di conoscenze e valori, che si trasmette attraverso al lingua, i riti, l'arte e la cultura.
Tutt'altro che statica, la cultura del Dreaming oggi ha dato vita ad un turismo culturale che permette anche ai bianchi di entrare in contatto con il mondo aborigeno e scoprirne il significato più profondo. Tante infatti sono le attività che permettono di fare esperienza di questo mondo parallelo. A cominciare da quelle organizzate nei centri culturali aperti vicino alle principali attrazioni turistiche dell'outback, come il Cultural Centre dell'Uluru-Kata Tjuta National Park, che oltre a vendere i capolavori degli aborigeni, organizza i Maruku-Dot Painting Workshops, per imparare a dipingere secondo le tecniche dei nativi seguiti da donne aborigene. A 80 km a nord di Darwin, invece, alle Tiwi Islands, si possono incontarre gli indigeni che hanno fuso le proprie abitudini con gli usi delle genti polinesiane.
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